Noah seduto sul bordo del precipizio mi dice – Dimmi.
Che ti devo dire – rispondo, mi viene da sorridere pensando che tutte le volte torniamo qui, io e Noah.
Niente, quello che vuoi – guarda giù, il fondo è una pietraia color ruggine, troppo lontana per sentirne l’odore di polvere e roccia seccata dal sole.
Quello che voglio…. Non voglio niente. Ho imparato ad aspettarti. Ed a smettere di aspettarti. E poi, ad aspettarti ancora. – lancio giù un sassetto. Ci impiega un tempo interminabile prima di rimandarmi l’eco dell’impatto al suolo, e suona come uno spillo al contatto. Noah sorride, come sorride lui. Sbilenco, nascosto dietro i capelli lunghi. Il suo volto, il suo teatro, e quei capelli come quinte alla prima dell’opera. Ogni volta, la prima dell’Opera, ogni volta uguale a se stesso, ogni volta diverso, specchio e vetro, Noah sorride, poi torna serio, la sua mano sulla mia.
Non sono mai andato via – è quasi un soffio la sua voce. Non sei andato via perché io ti permetto sempre di tornare. Forse dovrei solo smettere –
…. – i suoi silenzi sanno di cannella e mele.
Tranquillo, non prevedo di venire qui da sola. Ho bisogno di te per stare qui. Cioè non è bisogno, sai. E’… come se non ci fosse altra cosa da fare. – guardo fisso di fronte a me, questo orizzonte alieno, troppo vicino. L’orizzonte dovrebbe sempre stare lontano, così da dare quell’idea di domani, di infinito, di lunga strada da percorrere, non così vicino com’è da qui, dove l’immediatezza delle distanze ti colpisce con un impatto violento, quasi lo vedi tagliare il tuo futuro con lame di sole. Noah si porta l’altra mano sugli occhi, la luce lo investe di arancio e oro, lo osservo mentre scruta il cielo, è bello come lo ricordavo, sa di cuoio e vento.
Noah, seduto sul bordo del precipizio, sta così bene, incrocia le gambe, ed è naturale che io mi ci accoccoli con la testa, la sua mano tra i miei capelli.
Ti odio, un po’ – gli accarezzo il viso mentre lo dico, e lo guardo dritto negli occhi, quei pozzi di pece che si ritrova al posto degli occhi, e li vedi, oltre la maschera ironica del suo volto, li vedi bruciare, di quello che non ti dice, ma che dentro lo spazza, di maree e uragani.
Un po’. Un po’ va bene. Un po’ ci piace, no? – ride Noah, anche quando non ride. La sua voce si flette , quella voce che mi ha bucato i timpani , e sembra sempre che mi stia prendendo in giro.
Sì, un po’ ci piace. Però vorrei sapere quanto dura. Stare sospesi così, voglio dire – ora sono io che parlo in un soffio, così piano che lui si china, più vicino, così vicino – Ad un certo punto, finiremo per incontrarci solo qui. Sull’orlo del precipizio, finchè questo stramaledetto argine non si spezzerà e ci farà precipitare entrambi.
Hai fretta? – quando parla a volte, mi sembra che mi parli DA DENTRO. Che non emetta realmente dei suoni.
Di cosa? Di andare via da qui? Di andare via da te? Di precipitare?- Noah scuote il capo, e i suoi capelli mi sfiorano. Non ha voglia di dire sì.
No. A dire la verità vorrei non succedesse mai. Mi fai paura però. –
…? – inarca un sopracciglio, non ha voglia di pronunciare parole, di chiedere perché. Resto in silenzio anche io. Sfide, tra noi, sempre sfide.
Paura di che? Di stare male? Perché, lontani stiamo bene? Paura di precipitare? E’ un rischio che dovresti aver già preso in considerazione. Non ci si siede sul bordo del precipizio pensando di stare su una giostra, con le cinture di sicurezza… non è l’ebbrezza adrenalinica che però sai che non ti succederà nulla… questo è un burrone vero. E se vieni qui, visto che non ti ci trascina nessuno, è perché lo scegli, di venire qui. Quindi lo sai, che può staccarsi un costone ogni volta. Oppure sei veramente naive, o sei veramente stupida.- lo tiro a me. Non ho più voglia di sentirlo parlare, ho solo voglia che taccia, che mi abbracci, che la smetta di sbattermi in faccia la precarietà di questo panorama meraviglioso. Noah lo capisce, e mi stringe, così forte che per un momento sono sicura che il costone dell’abisso alla fine del mondo si sia staccato, per un momento penso che stiamo precipitando… e mi sento così bene.